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Materiale Consacrazione

LA CONSACRAZIONE MARIANA NEL MAGISTERO PONTIFICIO DEL BEATO GIOVANNI PAOLO II E PAPA BENEDETTO XVI – Mons. Arthur Burton Calkins

1. Principi fondamentali

 

Quando si parla di consacrazione o affidamento mariano nel magi­stero mariano del beato Giovanni Paolo II, ci si riferisce ad un corpo enorme di insegnamenti, che si trova nei 58 volumi degli Insegna­menti di Giovanni Paolo II. Anche nel caso del suo successore, finora, si tratta di otto volumi degli Insegnamenti di Benedetto XVI. Ovviamente, data la sovrabbondanza di testi, particolarmente per il magistero di Giovanni Paolo II, bisogna scegliere l’ottica sotto la quale trattare questo argomento, così fondamentale nella sua vita e nel suo magistero. Per questo motivo, gli organizzatori di questo Simposio mi hanno chiesto di esplo­rare i legami fra la consacrazione mariana e la Corredenzione mariana. Stavo già trattando questi argomenti da molti anni[1].  In questa sede devo fare certe assunzioni che si possono trovare nei miei lavori già pubblicati. Parlare di consacrazione a Maria Santissima o di affidamento a Maria è, in fondo, parlare dell’appartenenza a Maria, anche se a volte con sfumature diverse seppure complementari[2]. Mi pare che il papa Bene­detto XVI abbia spiegato molto bene questa realtà nella vita di Gio­vanni Paolo II nella sua omelia in occasione del primo anniversario della morte di papa Wojtyła, il 3 aprile 2006:

 

«La pagina del Vangelo che è stata proclamata ci aiuta a compren­dere un altro aspetto della sua personalità umana e religiosa. Potremmo dire che egli, Successore di Pietro, ha imitato in modo singolare, tra gli Apostoli, Giovanni, il “discepolo amato”, che restò sotto la Croce ac­canto a Maria nell’ora dell’abbandono e della morte del Redentore. Ve­dendoli lì vicini – narra l’Evangelista – Gesù li affidò l’uno all’altra: “Donna, ecco il tuo figlio! […] Ecco la tua madre” (Gv 19,26-27). Queste parole del Signore morente erano particolarmente care a Giovanni Paolo II. Come l’Apostolo evangelista, anch’egli ha voluto prendere Maria nella sua casa: “Et ex illa hora accepit eam discipulus in sua” (Gv 19,27). L’espres­sione “accepit eam in sua” è singolarmente densa: indica la deci­sione di Giovanni di rendere Maria partecipe della propria vita così da speri­mentare che, chi apre il cuore a Maria, in realtà è da Lei accolto e di­venta suo. Il motto segnato nello stemma del Pontificato di papa Gio­vanni Paolo II, Totus tuus, riassume bene questa esperienza spirituale e mistica, in una vita orientata completamente a Cristo per mezzo di Ma­ria: “Ad Iesum per Mariam”»[3].

 

Notiamo che Benedetto, nel suo magistero, ha fatto proprio questo stesso atteggiamento.

 

Al riguardo della dottrina sulla Corredenzione mariana, non trove­remo questa parola (che ritengo la migliore singola parola per esprimere la realtà della collaborazione attiva della Madonna nell’opera della Redenzione) nei testi che citerò, ma troveremo la sostanza della dottrina, che consiste nell’affermazione della cooperazione di Maria nell’opera della Redenzione, sempre subordinata e secondaria all’opera di Cristo e totalmente dipendente da Lui.

Vero è che né l’uno né l’altro Papa presentano un trattato dettagliato sulla consacrazione mariana come quello di san Luigi Maria Grignion de Montfort, ma mi pare indiscutibile che c’è una coerente dottrina che si trova nei documenti pontifici – omelie, udienze, discorsi, messaggi e preghiere – di questi due grandi Pontefici e che si può ricostruire dai loro insegnamenti.

 

 

2. L’insegnamento del beato Giovanni Paolo II

 

Se è vero che il giovane Karol Wojtyła imparò i fondamenti della consacrazione mariana da san Luigi Maria Grignion de Montfort e che la dottrina di questo Santo ebbe un forte influsso su di lui fino alla fine della sua vita, come anche la forte pietà mariana della Polonia[4], mi pare che egli fosse piuttosto originale nel suo modo di presentare questa dottrina. È possibile, infatti, distinguere tre tappe fondamentali, nella sua presentazione della dottrina o affidamento mariano, che aderiscono ad una esegesi classica e, nello stesso tempo, aperta ai migliori com­mentari della Sacra Scrittura. Ovviamente ci sono anche altre prospet­tive che non possiamo trattare in questa sede.

 

 

a. La Maternità spirituale – frutto della Corredenzione

Secondo Giovanni Paolo II, la Maternità spirituale di Maria è inse­parabile dalla sua cooperazione attiva nell’opera della Redenzione.  Ecco un esempio dalla sua udienza generale dell’11 maggio 1983, l’Anno Giubilare della Redenzione:

 

«Gesù disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!” – Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”» (Gv 19,26).

Le circostanze nelle quali questa Maternità di Maria fu proclamata, mostrano l’importanza che il Redentore vi attribuiva. Nel momento stesso in cui consumava il suo sacrificio, Gesù disse alla Madre quelle fondamentali parole: “Donna, ecco tuo figlio”, e al discepolo: “Ecco tua madre”. E l’Evangelista annota che, dopo averle pronunciate, Gesù fu consapevole che tutto era compiuto. Il dono della Madre era il dono finale che Egli accordava all’umanità come frutto del suo Sacrificio.

Si tratta dunque di un gesto che vuole coronare l’Opera redentrice. Chiedendo a Maria di trattare il discepolo prediletto come suo figlio, Gesù invita ad accettare il sacrificio della sua morte, e, come prezzo di tale accettazione, l’invita ad assumere una nuova Maternità. Come Salvatore dell’intera umanità, Egli vuole dare alla Maternità di Maria la più grande estensione. Sceglie perciò Giovanni come simbolo di tutti i discepoli che egli ama, e fa comprendere che il dono di sua Madre è il segno di una speciale intenzione d’amore, con la quale abbraccia tutti coloro che desidera attirare a sé come discepoli, ossia tutti i cristiani e tutti gli uomini. Inoltre dando a questa Maternità una forma individuale, Gesù manifesta la volontà di fare di Maria non semplicemente la Madre dell’insieme dei suoi discepoli, ma di ciascuno di loro in particolare, come se fosse il solo suo figlio, che tiene il posto del suo unico Figlio.

Questa Maternità universale, d’ordine spirituale, era l’ultima conseguenza della cooperazione di Maria all’Opera del Figlio divino, una cooperazione cominciata nella trepida gioia dell’Annunciazione, e sviluppatasi fino al dolore sconfinato del Calvario»[5].

 

Notiamo subito queste frasi importantissime: «Chiedendo a Maria di trattare il discepolo prediletto come suo figlio, Gesù invita ad accettare il sacrificio della sua morte, e, come prezzo di tale accettazione, l’invita ad assumere una nuova Maternità». Il prezzo dell’accettazione del sacrificio di Gesù da parte di Maria è la sua nuova Maternità. Io ritengo che il principio della Corredenzione mariana sia nel fatto che Lei offre Gesù al Padre ed offre se stessa al Padre in unione con Gesù. Parlare della sua «accetta­zione del sacrificio di Gesù» è un altro modo di parlare di quest’offerta.  Poi, Giovanni Paolo specifica che «questa Maternità universale, di ordine spirituale, era l’ultima conseguenza della cooperazione di Maria all’Opera del Figlio divino».

 

A questo riguardo è molto significativo che, nell’Atto di Consacra­zione e Affidamento fatto a Fatima il 13 maggio 1982 e in quello fatto di nuovo durante l’Anno Giubilare della Redenzione il 25 marzo 1984, il Papa si indirizzi a Maria con queste parole:  «Sii salutata Tu, che sei interamente unita alla consacrazione redentrice del tuo Fi­glio»[6]. C’è un altro discorso di un’udienza generale, quello del 23 no­vembre 1988, nella quale il Papa ha continuato a sviluppare la dottrina della Corredenzione mariana come fonte della Maternità spirituale. È veramente un discorso straordinario:

«La presenza di Maria presso la Croce mostra il suo impegno di partecipazione totale al Sacrificio redentivo di suo Figlio. Maria ha vo­luto partecipare fino in fondo alle sofferenze di Gesù, perché non ha re­spinto la spada annunciatale da Simeone, e ha invece accettato, con Cri­sto, il disegno misterioso del Padre. Essa era la prima partecipe di quel sacrificio, e sarebbe rimasta per sempre il modello perfetto di tutti co­loro che avrebbero accettato di associarsi senza riserva all’offerta reden­tiva. […].

“Gesù allora, vedendo la Madre e lì accanto a Lei il discepolo che egli amava, disse alla Madre: Donna, ecco il tuo figlio”. È un atto di tene­rezza e di pietà filiale. Gesù non vuole che sua Madre resti sola. Al suo posto le lascia come figlio il discepolo che Maria conosce come il predi­letto. Gesù affida così a Maria una nuova Maternità, e le chiede di trat­tare Giovanni come suo figlio. Ma quella solennità dell’affidamento (“Donna, ecco il tuo figlio”), quel suo collocarsi al cuore stesso del dramma della Croce, quella sobrietà ed essenzialità di parole che si di­rebbero proprie di una formula quasi sacramentale, fanno pensare che, al di sopra delle relazione familiari, il fatto vada considerato nella pro­spettiva dell’opera della Salvezza, dove la donna-Maria è stata impe­gnata col Figlio dell’uomo nella Missione redentrice. A conclusione di quell’Opera, Gesù chiede a Maria di accettare definitivamente l’offerta che Egli fa di se stesso quale vittima di espiazione, considerando ormai Giovanni come suo figlio.  È a prezzo del suo sacrificio materno che essa riceve quella nuova Maternità. […].

In questo dono fatto a Giovanni e, in lui, ai seguaci di Cristo e a tutti gli uomini, vi è come un completamento del dono che Gesù fa di se stesso all’umanità con la sua morte in Croce.  Maria costituisce con lui come un “tutt’uno”, non solo perché sono Madre e Figlio “secondo la carne”, ma perché nell’eterno disegno di Dio sono contemplati, prede­stinati, collocati insieme al centro della storia della Salvezza; sicché Gesù sente di dover coinvolgere sua Madre non solo nella propria oblazione al Padre, ma anche nella donazione di Sé agli uomini; e Maria, a sua volta, è in perfetta sintonia con il Figlio in quest’atto di oblazione e di donazione, come per un prolungamento del «Fiat» dell’Annunciazione. […].

Gesù, che aveva sperimentato e apprezzato l’amore materno di Ma­ria nella propria vita, ha voluto che anche i suoi discepoli potessero a loro volta godere di questo amore materno come componente del rap­porto con Lui in tutto lo sviluppo della loro vita spirituale. Si tratta di sentire Maria come Madre e di trattarla come Madre, consentendole di formarci alla vera docilità verso Dio, alla vera unione con Cristo, alla vera carità verso il prossimo.

Si può dire anche che questo aspetto del rapporto con Maria è com­preso nel messaggio della Croce»[7].

 

Questo testo è di una ricchezza e densità veramente straordinarie, ma non potevo citarlo interamente. Di nuovo, osservate come il Papa parli della nuova Maternità che Maria riceve «a prezzo del suo sacrificio materno». Ma di più, vediamo una bellissima descrizione di questo prezzo: «Maria è stata impegnata col Figlio dell’uomo nella missione re­dentrice». Ancora di più: «Maria costituisce con Gesù come un “tutt’uno”» perché «nell’eterno disegno di Dio sono contemplati, prede­stinati, collocati insieme al centro della storia della salvezza». Questa è una fortissima affermazione della dottrina solennemente insegnata dal beato Pio IX nella Costituzione Apostolica Ineffabilis Deus, ossia che «Id­dio ha prestabilito con un solo e medesimo decreto [uno eodemque decreto] l’origine di Maria e l’Incarnazione della divina Sapienza»[8]. Per­ciò spiega il Papa «Gesù sente di dover coinvolgere sua madre non solo nella propria oblazione al Padre, ma anche nella donazione di Sé agli uomini; e Maria, a sua volta, è in perfetta sintonia con il Figlio in quest’atto di oblazione e di donazione, come per un prolungamento del “Fiat” dell’Annunciazione». Così si vede bene la Maternità spirituale di Maria come frutto della sua associazione all’Opera redentrice.

Al paragrafo 103 della sua Enciclica Evangelium Vitæ, Giovanni Pa­olo II paragona la Maternità di Maria con la maternità della Chiesa secondo il dodicesimo capitolo del libro dell’Apocalisse, che descrive «le doglie e travaglio del parto» della «Donna vestita di sole».  Scrive:

«Presso la Croce di Gesù, Maria partecipa al dono che il Figlio fa di Sé: offre Gesù, lo dona, lo genera definitivamente per noi. Il «» del giorno dell’Annunciazione matura in pienezza nel giorno della Croce, quando per Maria giunge il tempo di accogliere e di generare come fi­glio ogni uomo divenuto discepolo, riversando su lui l’amore redentore del Figlio: “Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre:  Donna, ecco il tuo figlio”» [9].

 

Come molti Padri e scrittori ecclesiastici della grande tradizione della Chiesa[10], il Papa in questo passo dà per scontata la verità che, men­tre «la Vergine Maria che senza doglie aveva partorito il divin Figlio, patì sof­ferenze indicibili per la nostra rigenerazione»[11]. Il Papa ha anche trattato questa verità di fede nell’udienza generale del 25 ottobre 1995 con rife­rimento al «parto doloroso del Calvario»[12]. Nella sua udienza generale del 29 maggio 1996 ha dichiarato che:

«Caratterizzata dalla sua maternità, la donna “era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto” (12,2). Questa annotazione rimanda alla Madre di Gesù presso la Croce (cf Gv 19,25), dove Ella partecipa con l’anima trafitta dalla spada (cf Lc 2,35) al travaglio del parto della comu­nità dei discepoli. Nonostante le sue sofferenze, è “vestita di sole” – porta, cioè, il riflesso dello splendore divino –, e appare come “segno grandioso” del rapporto sponsale di Dio con il suo popolo»[13].

 

L’insegnamento di Giovanni Paolo II sul «parto doloroso del Calva­rio» è veramente ricchissimo, con sempre nuove sfumature. Ecco il nu­cleo dell’udienza generale del 23 aprile 1997:

«Dopo aver ricordato la presenza di Maria e delle altre donne presso la Croce del Signore, san Giovanni riferisce: “Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a Lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna, ecco il tuo figlio! Poi disse al discepolo: Ecco la tua madre!” (Gv 19,26-27). […].

Interpretate talora unicamente come manifestazione della pietà filiale di Gesù verso la Madre, affidata per il futuro al discepolo prediletto, tali espressioni vanno molto al di là della necessità contingente di risolvere un problema familiare. Infatti, la considerazione attenta del testo, confermata dall’interpretazione di molti Padri e dal comune sentire ecclesiale, ci pone dinanzi, nella duplice consegna di Gesù, ad uno dei fatti più rilevanti per comprendere il ruolo della Vergine nell’economia della salvezza.

Le parole di Gesù morente, in realtà, rivelano che il suo primario intento non è quello di affidare la Madre a Giovanni, ma di consegnare il discepolo a Maria, assegnandole una nuova Missione materna. L’appellativo donna, inoltre, usato da Gesù anche nelle nozze di Cana per condurre Maria ad una nuova dimensione del suo essere Madre, mostra quanto le parole del Salvatore non siano frutto di un semplice sentimento di affetto filiale, ma intendano porsi su un piano più alto. […].

La Maternità universale di Maria, la Donna delle nozze di Cana e del Calvario, ricorda Eva, madre di tutti i viventi (Gn 3,20).  Tuttavia, mentre costei aveva contribuito all’entrata del peccato nel mondo, la nuova Eva, Maria, coopera all’evento salvifico della Redenzione. Così nella Vergine, la figura della donna viene riabilitata e la maternità assume il compito di diffondere tra gli uomini la vita nuova in Cristo.

In vista di tale missione, alla Madre è chiesto il sacrificio, per Lei molto doloroso, di accettare la morte del suo Unigenito. L’espressione di Gesù: “Donna, ecco il tuo figlio”, permette a Maria di intuire il nuovo rapporto materno che avrebbe prolungato ed ampliato il precedente. Il suo a tale progetto costituisce, quindi, un assenso al Sacrificio di Cristo, che Ella generosamente accetta nell’adesione alla divina Volontà. Anche se nel disegno di Dio la Maternità di Maria era destinata fin dall’inizio ad estendersi a tutta l’umanità, soltanto sul Calvario, in virtù del Sacrificio di Cristo, essa si manifesta nella sua dimensione universale.

Le parole di Gesù: “Ecco il tuo figlio”, realizzano ciò che esprimono, costituendo Maria madre di Giovanni e di tutti i discepoli destinati a ricevere il dono della Grazia divina»[14].

Qui mi pare che l’insegnamento non potrebbe essere più chiaro ed illuminante. Nessun Papa ha mai fatto più commenti sui versetti di Giovanni 19,25-27, di Giovanni Paolo II, per il quale essi erano come le sfaccettature di un diamante che, ad ogni giro, manifestano nuova bellezza. Notiamo bene che il Santo Padre in primo luogo parla del «ruolo della Vergine nell’economia della Salvezza». Poi, insiste sul fatto che Gesù, con l’uso della parola «donna», vuole evocare la figura di Eva, che «aveva contribuito all’entrata del peccato nel mondo», ponendola in contrapposizione a Maria «la nuova Eva, che coopera all’evento salvifico della Redenzione». Infine, è il suo assenso al Sacrificio di Gesù, la sua unione con questo Sacrificio, che fiorisce nella sua Maternità spirituale ed universale.

 

Nella sua udienza generale del 17 settembre 1997 il Papa sintetizza questa dottrina in una singola frase, con riferimento al dodicesimo capitolo del libro dell’Apocalisse: «Sul Calvario Maria, unendosi al Sacrificio di suo Figlio, offre all’Opera della Salvezza il proprio contributo materno, che assume la forma di un parto doloroso, il parto della nuova umanità»[15]. Di nuovo nell’udienza generale del 29 aprile 1998 Giovanni Paolo esplicita:

«Con la maternità divina, Maria ha pienamente aperto il suo cuore a Cristo, e in Lui a tutta l’umanità. La dedizione totale di Maria all’opera del Figlio si manifesta soprattutto nella partecipa­zione al suo sacrificio. Secondo la testimonianza di Giovanni, la Madre di Gesù “stava presso la croce” (Gv 19,25). Si è unita dunque a tutte le sofferenze che affliggevano Gesù. Ha partecipato all’offerta generosa del suo Sacrificio per la salvezza dell’umanità.

Questa associazione al Sacrificio di Cristo ha prodotto in Maria una nuova maternità. Ella, che ha sofferto per tutti gli uomini, è diventata Madre di tutti gli uomini. Gesù stesso ha proclamato questa nuova Maternità quando le ha detto dall’alto della Croce: “Donna, ecco il tuo figlio” (Gv 19,26). Maria era così costituita Madre del discepolo amato e, nell’intenzione di Gesù, Madre di ogni discepolo, di ogni cristiano.

Questa Maternità universale di Maria, destinata a promuovere la vita secondo lo Spirito, è un supremo dono di Cristo Crocifisso all’umanità»[16].

 

Con il suo dono di sintesi, il Papa mostra lo stretto legame fra la Corredenzione e la Maternità spirituale: «Ella, che ha sofferto per tutti gli uomini, è diventata madre di tutti gli uomini».

Nella sua omelia a Castel Gandolfo per la festa dell’Assunzione del 1999 egli riflette su questo legame alla luce del mistero dell’Assunta:

«Come Cristo Risorto e asceso al cielo porta per sempre in Sé, nel suo corpo glorioso e nel suo cuore misericordioso, le piaghe della morte redentrice, così la Madre sua reca nell’eternità “le doglie e il travaglio del parto” (Ap 12,2). E come il Figlio, mediante la sua morte, non cessa di redimere quanti da Dio sono generati come figli adottivi, così la nuova Eva continua, di generazione in generazione, a dare alla luce l’uomo nuovo, “creato secondo Dio, nella giustizia e nella santità vera” (Ef 4,24).  Si tratta della maternità escatologica della Chiesa, presente e operante nella Vergine»[17].

 

Giovanni Paolo ha trovato sempre nuovi modi per esprimere le verità fondamentali circa Maria. Nel suo Messaggio per la XVIII Giornata Mondiale della Gioventù nel 2003 ha scritto:

«Le parole dell’Angelo Gabriele a Nazareth: “Ti saluto, o piena di grazia” (Lc 1,28) illuminano anche la scena del Calvario. L’Annunciazione si pone agli inizi, la Croce segna il compimento. Nell’Annunciazione, Maria dona nel suo seno la natura umana al Figlio di Dio; ai piedi della Croce, in Giovanni, accoglie nel suo Cuore l’umanità intera. Madre di Dio fin dal primo istante dell’Incarnazione, Ella diventa Madre degli uomini negli ultimi momenti della vita del Figlio Gesù. Lei, che è senza peccato, al Calvario “conosce” nel proprio essere la sofferenza del peccato, che il Figlio prende su di Sé per salvare gli uomini. Ai piedi della Croce su cui sta morendo Colui che ha concepito con il “Sì” dell’Annunciazione, Maria riceve da Lui quasi una “seconda annunciazione”: “Donna, ecco il tuo figlio!” (Gv 19,26).

Sulla Croce, il Figlio può riversare la sua sofferenza nel Cuore della Madre. Ogni figlio che soffre ne sente il bisogno. Anche voi, cari giovani, siete posti di fronte alla sofferenza: la solitudine, gli insuccessi e le delusioni nella vostra vita perso­nale; le difficoltà di inserzione nel mondo degli adulti e nella vita professionale; le separazioni e i lutti nelle vostre famiglie; la violenza delle guerre e la morte degli innocenti. Sappiate però che nei momenti difficili, che non mancano nella vita di ognu­no, non siete soli: come a Giovanni ai piedi della Croce, Gesù dona anche a voi sua Madre, perché vi conforti con la sua tenerezza»[18].

Notiamo queste bellissime espressioni: «Ai piedi della Croce, in Giovanni, [Maria] accoglie nel suo cuore l’umanità intera»; «Lei, che è senza peccato, al Calvario “conosce” nel proprio essere la sofferenza del peccato»; «ai piedi della Croce […] Maria riceve da Gesù quasi una “seconda annunciazione”»; «sulla Croce, il Figlio può riversare la sua sofferenza nel cuore della Madre». Tutto per spiegare in un modo comprensibile ai giovani, agli uomini di nostro tempo, come siamo stati redenti.

 

 

b. L’accoglienza di Maria

Ho già indicato come il beato Giovanni Paolo II ha preferito esporre i concetti del suo magistero mariano con espressioni prese dalle scritture. Da certi studi neotestamentari, principalmente quelli del compianto esegeta Ignace de la Potterie, S. J., sembra che egli abbia assunto l’interpretazione del versetto di Giovanni 19,27 sull’accoglienza di Maria da parte di Giovanni[19]. Secondo lui, la nostra risposta alla Maternità spirituale di Maria deve essere quella di accoglierla, di riceverla «nella casa della nostra vita», e questo è il fondamento della nostra consacrazione a Lei.  È molto significativo che il papa Benedetto, nella sua omelia per il primo anniversario della morte di Giovanni Paolo II, abbia sottolineato questo aspetto del magistero mariano del suo predecessore, come abbiamo già indicato. Già nella sua prima Enciclica Redemptor Hominis del 4 marzo 1979 egli scrisse:

«Il suo proprio Figlio volle esplicitamente estendere la maternità di sua Madre – estenderla in modo facilmente accessibile a tutte le anime e i cuori – additandole dall’alto della Croce il suo discepolo prediletto come figlio. […] E in seguito tutte le generazione dei discepoli e di quanti confessano ed amano Cristo – così come l’apostolo Giovanni – accolsero spiritualmente nella loro casa questa Madre, la quale in tal modo, sin dagli inizi stessi, cioè dal momento dell’Annunciazione, è stata inserita nella storia della Salvezza e nella missione della Chiesa»[20].

 

Nell’omelia durante la concelebrazione con i sacerdoti aderenti al movimento dei Focolari il 30 aprile 1982 il Papa ha detto:

«Il testo evangelico appena citato ci offre il modello della nostra devozione mariana. “Da quel momento il discepolo la prese nella sua casa” (Gv 19,27).  Si può dire altrettanto di noi? Accogliamo anche noi Maria nella nostra casa? Infatti, dovremmo inserirla a pieno titolo nella casa della nostra vita, della nostra fede, dei nostri affetti, dei nostri impegni, e riconoscerle il ruolo materno che le è proprio, cioè una funzione di guida, di ammonimento, di esortazione, o anche solo di silenziosa presenza, che da sola a volte può bastare per infondere forza e coraggio. D’altronde, la prima lettura biblica ci ha ricordato che i primi discepoli, dopo l’Ascensione di Gesù, erano riuniti “con Maria, la Madre di Gesù” (At 1,14). Nella loro comunità, dunque, c’era anche Lei; anzi, era forse Lei a darle coesione. Ed il fatto che venga qualificata come “la Madre di Gesù” dice quanto Ella fosse rapportata alla figura del Figlio suo: dice, cioè, che Maria richiama sempre e soltanto il valore salvifico dell’operato di Gesù, nostro unico Salvatore, e dall’altra dice pure che credere in Gesù Cristo non può esimerci dal comprendere nel nostro atto di fede anche la figura di Colei che gli è stata Madre. Nella famiglia di Dio, e tanto più nella famiglia presbiterale, Maria custodisce la diversità di ciascuno all’interno della comunione fra tutti e nello stesso tempo Ella può esserci maestra di disponibilità allo Spirito Santo, di trepida condivisione della dedizione totale di Cristo alla Volontà del Padre, soprattutto di intima partecipa­zione alla Passione del Figlio e di sicura fecondità spirituale nell’espletamento del nostro ministero. “Ecco tua madre” (Gv 19,27): ciascuno senta rivolte a sé queste parole e perciò attinga fiducia e slancio per un cammino sempre più deciso e sereno sulla strada impegnata della propria vita sacerdotale»[21].

 

Questo già ci da un gusto di ciò che la Maternità spirituale ha significato nella vita di Giovanni Paolo II. Mi piace in modo speciale questa “descrizione domestica” di Maria come Madre: «Una funzione di guida, di ammonimento, di esortazione, o anche solo di silenziosa presenza, che da sola a volte può bastare per infondere forza e coraggio».

L’8 maggio 1983, nel Santuario mariano di Suyapa, in Honduras, il papa Giovanni Paolo II fece sua, ancora più esplicitamente, l’interpre­tazione di eis tà ídia proposta dall’esegeta sopra citato. Ecco ciò che disse in quell’occasione:

«Nell’ora di Gesù, della Madre e della Chiesa, le parole del Reden­tore sono solenni e realizzano ciò che proclamano: Maria è costituita Madre dei discepoli di Cristo, di tutti gli uomini. Colui che accoglie nella fede la dottrina del Maestro ha il privilegio, la fortuna, di accogliere la Vergine come Madre, di riceverla con fede e amore fra i suoi beni più amati, con la sicurezza che colei che ha compiuto fedelmente la parola del Signore, ha accettato amorosamente il compito di essere sempre Madre di chi segue Cristo. Per questo agli albori della fede e in ogni tappa della predicazione del Vangelo, nella nascita di ogni chiesa particolare, la Vergine occupa il posto che le corrisponde come Madre degli imitatori di Gesù che costituiscono la Chiesa. […].

        Ecco tua Madre”; il Papa pellegrino vi ripete le parole di Gesù. Accoglietela nella vostra casa: accettatela come Madre e Modello. Vi farà conoscere Cristo ed amare la Chiesa, vi mostrerà il cammino della vita, vi incoraggerà nelle difficoltà. In Lei, la Chiesa e il cristiano trovano un motivo di consolazione e speranza, perché “brilla ora innanzi al peregrinante Popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore” (LG 68)»[22].

Nella Redemptoris Mater, egli presenta il tema dell’“accogliere Maria” con particolare solennità e chiarezza, nel contesto dell’insegna­mento sull’affidamento come “risposta all’amore di una madre”:

«La dimensione mariana della vita di un discepolo di Cristo si esprime in modo speciale proprio mediante tale affidamento filiale nei riguardi della Madre di Dio, iniziato col testamento del Redentore sul Golgota. Affidandosi filialmente a Maria, il cristiano, come l’apostolo Giovanni, accoglie “fra le sue cose proprie” la Madre di Cristo e la introduce in tutto lo spazio della propria vita interiore, cioè nel suo “io” umano e cristiano: “La prese con sé”. Così egli cerca di entrare nel raggio d’azione di quella materna carità, con la quale la Madre del Redentore “si prende cura dei fratelli del Figlio suo”, “alla cui rigenerazione e formazione Ella coopera” secondo la misura del dono di Cristo, propria di ciascuno per la potenza dello Spirito. Così anche si esplica quella maternità secondo lo spirito, che è diventata la funzione di Maria sotto la Croce e nel cenacolo»[23].

In quest’ultimo testo notiamo la parola “affidamento” che è una parola chiave in tutto questo argomento. La risposta al dono fatto da Gesù in Croce della sua propria Madre è di riceverla, di accoglierla e di affidarsi a Lei.

 

Torniamo adesso ad un testo già citato, quello dell’udienza generale del 23 novembre 1988. Dopo aver presentato la dottrina della Maternità spirituale di Maria, il Papa conclude:

«L’Evangelista conclude dicendo che “da quell’ora il discepolo La prese nella sua casa” (Gv 19,27). Ciò significa che il discepolo ha risposto immediatamente alla Volontà di Gesù: da quel momento, accogliendo Maria nella sua casa, le ha mostrato il suo affetto filiale, l’ha circondata di ogni cura, ha fatto in modo che potesse godere di raccoglimento e di pace in attesa di ricongiungersi a suo Figlio, e svolgere il suo ruolo nella Chiesa nascente, sia nella Pentecoste sia negli anni successivi.

Quel gesto di Giovanni era l’esecuzione del testamento di Gesù nei confronti di Maria: ma aveva un valore simbolico per ogni discepolo di Cristo, invitato ormai ad accogliere Maria presso di sé, a farle posto nella propria vita. Perché, in forza delle parole di Gesù morente, ogni vita cristiana deve offrire uno “spazio” a Maria, non può non includere la sua presenza.

Allora possiamo concludere questa riflessione e catechesi sul messaggio della Croce, con l’invito che rivolgo a ciascuno, di chiedersi come accoglie Maria nella sua casa, nella sua vita: e con una esortazione ad apprezzare sempre di più il dono che il Cristo Crocifisso ci ha fatto, lasciandoci come Madre la sua stessa Madre»[24].

 

Così il Papa indica che ogni cristiano dovrebbe «chiedersi come accoglie Maria nella sua casa, nella sua vita».

Il Messaggio del Papa al Vescovo di Susa l’8 marzo 1999, in occa­sione del centenario dell’erezione della statua della Madre del Signore sul Monte Rocciame­lone è quasi totalmente incentrato sull’argomento dell’accoglienza.

«Con tale iniziativa, la Chiesa che è in Val di Susa, imitando il discepolo che Gesù amava (cf Gv 19,2), mostrò di voler accogliere Maria “nella sua casa”, perché ripetesse ai figli ed alle figlie di codesta terra, come un giorno a Cana di Galilea: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5).

La presenza di Maria ha reso così il Rocciamelone un centro di evangelizzazione, dove i fedeli, accogliendo come dalle labbra della Madre il messaggio della salvezza, possono ritrovare e gustare con freschezza nuova la gioia e la dignità di figli adottivi di Dio. Quante cose potrebbe raccontare l’immagine della Vergine! Vittorie sull’egoismo e sul peccato, perdoni dati ed accolti, gesti di riconciliazione e di altruismo, che hanno trasformato la storia del Rocciamelone in una singolare “storia delle anime”, i cui capitoli sono custoditi con cura gelosa nel Cuore della Madre.

Ai piedi della Croce, Gesù pronunciò quelle parole che sono quasi un testamento: “Donna, ecco il tuo figlio” (Gv 19,26). «La Madre di Cristo, trovandosi nel raggio diretto del mistero pasquale che comprende l’uomo – tutti e ciascuno –, viene data all’uomo – a tutti e a ciascuno – come Madre. Quest’uomo ai piedi della Croce è Giovanni, “il discepolo che egli amava”. Tuttavia, non è lui solo. Seguendo la Tradizione, il Concilio non esita a chiamare Maria “Madre di Cristo e Madre degli uomini” (Redemptoris Mater, 23).

Da quel momento più nessuno sulla terra sarà ormai “orfano”. La Chiesa, di ciò ben consapevole, non ha cessato di trarre benefi­che conse­guenze dalla Maternità di Maria. In particolare, nel Concilio Ecumenico Vati­cano II ha riconosciuto che la partecipazione della Vergine di Nazareth all’opera della Redenzione l’ha resa per il popolo cristiano Madre, mo­dello e membro sovreminente del tutto singolare (cf Lumen gentium, 53), attribuendo alla sua intercessione una dimensione universale nello spazio e nel tempo: Ella è Madre di tutti e Madre per sempre. La sua missione ha lo scopo di riprodurre nei credenti i lineamenti del Figlio primogenito (cf Paolo VI, Marialis cultus, 57), portandoli al tempo stesso a recuperare in modo sempre più netto quell’immagine e somiglianza di Dio nella quale sono stati creati (cf Gen 1,26).

Su questa sollecitudine della Madre celeste i fedeli sanno di poter contare: Maria non li abbandona mai. Accogliendola nella propria casa come dono supremo del Cuore di Cristo Crocifisso, essi si assicurano una presenza singolarmente efficace nel compito di testimoniare davanti al mondo in ogni circostanza la fecondità dell’amore ed il senso autentico della vita»[25].

Questo testo, come tanti altri, esplora cosa voglia dire accogliere Maria nella propria casa, non solo per ciascuno ma anche per la comu­nità. Mi piacciono, in particolare, queste due frasi: «Da quel momento più nessuno sulla terra sarà ormai “orfano”. La Chiesa, di ciò ben consape­vole, non ha cessato di trarre benefiche conseguenze dalla Maternità di Maria».

 

Nell’omelia in occasione del XX Congresso Internazionale Mariologico-Mariano e della celebrazione del giubileo mondiale dei Santuari Mariani, il Papa ha dichiarato:

«Carissimi Fratelli e Sorelle! “Chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome, accoglie me”, ci ha detto Gesù nel Vangelo. A maggior ragione potrebbe dirci: “Chi accoglie mia madre, accoglie me”. E Maria, da parte sua, accolta con amore filiale, ancora una volta ci addita il Figlio come fece alle nozze di Cana: “Fate quello che vi dirà” (Gv 2,5)»[26].

 

Nel Messaggio per la XVIII Giornata Mondiale della Gioventù dell’8 marzo 2003, che abbiamo già citato più sopra, il Papa insiste ancora sull’accoglienza dovuta a Maria:

«Il Vangelo dice poi che “da quel momento il discepolo La prese nella sua casa” (Gv 19,27). Questa espressione, tanto commentata fin dalle origini della Chiesa, non designa soltanto il luogo in cui abitava Giovanni. Più che l’aspetto materiale, essa evoca la dimensione spirituale di tale accoglienza, del nuovo legame che si instaura fra Maria e Giovanni.

Voi, cari giovani, avete più o meno la stessa età di Giovanni e lo stesso desiderio di stare con Gesù. Oggi è a voi che Cristo chiede espressamente di prendere Maria “nella vostra casa”, di accoglierla “tra i vostri beni” per imparare da Lei, che “serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19), la disposizione interiore all’ascolto e l’atteggiamento di umiltà e di generosità che la contraddistinsero come prima Collabora­trice di Dio nell’opera della salvezza. È Lei che, svolgendo il suo ministero materno, vi educa e vi modella fino a che Cristo non sia formato in voi pienamente (cf Rosarium Virginis Mariæ, 15)»[27].

 

Giovanni Paolo II sapeva bene che Maria è maestra della vita spirituale e come applicare la sua esperienza personale ad ogni udienza.

Mi pare che ciò che ha scritto il Papa nella sua ultima enciclica Ecclesia de Eucharistia sia il coronamento del suo insegnamento sull’accoglienza di Maria:

«“Fate questo in memoria di Me” (Lc 22,19). Nel “memoriale” del Cal­vario è presente tutto ciò che Cristo ha compiuto nella sua Passione e nella sua Morte. Pertanto non manca ciò che Cristo ha compiuto anche verso la Madre a nostro favore. A Lei, infatti, consegna il discepolo pre­diletto e, in lui, consegna ciascuno di noi: “Ecco tuo figlio!”. Ugualmente dice anche a ciascuno di noi: “Ecco tua madre!” (cf Gv 19,26-27).

Vivere nell’Eucaristia il memoriale della Morte di Cristo implica an­che ricevere continuamente questo dono. Significa prendere con noi – sull’esempio di Giovanni – Colei che ogni volta ci viene donata come Madre. Significa assumere al tempo stesso l’impegno di conformarci a Cristo, mettendoci alla scuola della Madre e lasciandoci accompagnare da Lei. Maria è presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche. Se Chiesa ed Eucaristia sono un binomio inscindibile, altrettanto occorre dire del binomio Maria ed Eucaristia. Anche per questo il ricordo di Maria nella Celebrazione eucaristica è unanime, sin dall’antichità, nelle Chiese dell’Oriente e dell’Occidente»[28].

 

Tutto sommato, il Papa dice che in ogni Messa c’è la possibilità di ricevere Maria “nella nostra casa”, ovviamente non nello stesso modo in cui riceviamo Gesù Corpo, Sangue, Anima e Divinità, ma comunque in un modo reale. Così in ogni Santa Messa possiamo rinnovare il nostro affidamento, il nostro desiderio di appartenere totalmente a Maria, per poter appartenere sempre più totalmente a Gesù[29].

Finalmente, voglio presentare un testo che, secondo me, non solo riassume la dottrina di Giovanni Paolo II sull’accoglienza di Maria, ma anche indica la consacrazione come il modo più specifico per “accogliere Maria nella nostra casa”. Questo testo viene dall’omelia tenuta a Fatima, in Portogallo il 13 maggio 1982:

«Cristo disse sulla Croce: “Donna, ecco il tuo figlio”. Con questa pa­rola aprì, in modo nuovo, il Cuore di sua Madre. Poco dopo, la lancia del soldato romano trafisse il costato del Crocifisso.

Quel Cuore trafitto è diventato il segno della Redenzione compiuta mediante la Morte dell’Agnello di Dio.

Il Cuore Immacolato di Maria, aperto dalla parola: “Donna, ecco il tuo figlio”, si incontra spiritualmente col Cuore del Figlio aperto dalla lancia del soldato. Il Cuore di Maria è stato aperto dallo stesso amore per l’uomo e per il mondo, con cui Cristo ha amato l’uomo ed il mondo, offrendo per essi se stesso sulla Croce, fino a quel colpo di lancia del soldato.

Consacrare il mondo al Cuore Immacolato di Maria significa avvicinarci, mediante l’intercessione della Madre, alla stessa Sorgente della Vita, scaturita sul Golgota. Questa Sorgente ininterrottamente zampilla con la Redenzione e con la grazia. Continuamente si compie in essa la riparazione per i peccati del mondo. Incessantemente essa è fonte di vita nuova e di santità.

Consacrare il mondo al Cuore Immacolato della Madre, significa ritornare sotto la Croce del Figlio. Di più: vuol dire consacrare questo mondo al Cuore trafitto del Salvatore, riportandolo alla fonte stessa della sua Redenzione. La Redenzione è sempre più grande del peccato dell’uomo e del “peccato del mondo”. La potenza della Redenzione supera infinitamente tutta la gamma del male, che è nell’uomo e nel mondo.

Il Cuore della Madre ne è consapevole, come nessun altro in tutto il cosmo, visibile ed invisibile.

 

        E per questo chiama! Chiama non solo alla conversione, chiama a farci aiutare da Lei, Ma­dre, per ritornare alla fonte della Redenzione.

Consacrarsi a Maria significa farsi aiutare da Lei ad offrire noi stessi e l’umanità a “Colui che è Santo”, infinitamente Santo; farsi aiutare da Lei – ricorrendo al suo Cuore di Madre, aperto sotto la Croce all’amore verso ogni uomo, verso il mondo intero – per offrire il mondo, e l’uomo, e l’umanità, e tutte le nazioni, a Colui che è infinitamente Santo. La santità di Dio si è manifestata nella redenzione dell’uomo, del mondo, dell’intera umanità, delle nazioni: redenzione avvenuta mediante il Sa­crifi­cio della Croce. “Per loro io consacro me stesso”, aveva detto Gesù (Gv 17,19).

Con la potenza della Redenzione il mondo e l’uomo sono stati consa­crati. Sono stati consacrati a Colui che è infinitamente Santo. Sono stati offerti ed affidati all’Amore stesso, all’Amore misericordioso.

La Madre di Cristo ci chiama e ci invita ad unirci alla Chiesa del Dio vivo in questa consacrazione del mondo, in questo affidamento me­diante il quale il mondo, l’umanità, le nazioni, tutti i singoli uomini sono offerti all’Eterno Padre con la potenza della Redenzione di Cristo. Sono offerti nel Cuore del Redentore trafitto sulla Croce.

La Madre del Redentore ci chiama, ci invita e ci aiuta ad unirci a que­sta consacrazione, a questo affidamento del mondo. Allora, infatti, ci tro­veremo il più vicino possibile al Cuore di Cristo trafitto sulla Croce»[30].

 

Ciò che colpisce di più è che il Papa identifichi la consacrazione al Cuore di Maria con la consacrazione al Cuore di Gesù. Questo perché, come ha spiegato egli stesso all’ottavo Colloquio Internazionale di Mariologia:

«Ogni intervento di Maria nell’opera della rigenerazione dei fedeli non si pone in competizione con Cristo, ma deriva da Lui ed è al suo servizio. L’azione che Maria svolge nel piano della salvezza è sempre cristocentrica, fa cioè direttamente riferimento ad una mediazione che avviene nel Cristo»[31].

           Questi ultimi due testi, ovviamente, richiederebbero anche uno studio sul tema della mediazione mariana secondo Giovanni Paolo II, tema anch’esso di grande importanza per il concetto della consacrazione mariana, ma che purtroppo non posso trattare in questa sede.  Rimando gli interessati al mio studio su questo argomento[32] ed anche alla seconda edizione del mio primo libro, Totus Tuus.

      

 

3.  L’insegnamento di papa Benedetto XVI

 

Se è vero che Benedetto XVI aveva una formazione diversa da Giovanni Paolo II, è altrettanto vero che il ministero petrino del suo predecessore ha lasciato una forte impronta su Joseph Ratzinger adesso Benedetto XVI. Ascoltiamo le sue parole al primo gruppo dei nuovi cardinali da lui creati il 25 marzo 2006:

«Che grande dono, Fratelli, poter tenere questa suggestiva celebra­zione nella solennità dell’Annunciazione del Signore! Quanta luce pos­siamo attingere da questo mistero per la nostra vita di ministri della Chiesa. In particolare voi, cari nuovi Cardinali, quale sostegno potrete avere per la vostra missione di eminente “Senato” del Successore di Pietro! Questa provvidenziale coincidenza ci aiuta a considerare l’evento odierno, in cui risalta in modo particolare il principio petrino della Chiesa, alla luce dell’altro principio, quello mariano, che è ancora più originario e fondamentale. L’importanza del principio mariano nella Chiesa è stata particolarmente evidenziata, dopo il Concilio, dal mio amato predecessore papa Giovanni Paolo II, coerentemente col suo motto Totus Tuus. Nella sua impostazione spirituale e nel suo instanca­bile ministero si è resa manifesta agli occhi di tutti la presenza di Maria quale Madre e Regina della Chiesa. […].

Tutto nella Chiesa, ogni istituzione e ministero, anche quello di Pietro e dei suoi successori, è “compreso” sotto il manto della Vergine, nello spazio pieno di grazia del suo “” alla Volontà di Dio. Si tratta di un legame che in tutti noi ha naturalmente una forte risonanza affettiva, ma che ha prima di tutto una valenza oggettiva»[33].

Possiamo notare in modo specifico come l’eredità mariana di Giovanni Paolo II sia stata fatta propria da Benedetto XVI.

 

 

  1. La Maternità spirituale – frutto della Corredenzione

Il papa Benedetto XVI ha concluso l’udienza generale del 19 aprile 2006 così:

«La Vergine Maria, che è stata intimamente associata alla Passione, Morte e Risurrezione del Figlio e ai piedi della Croce è diventata Madre di tutti i credenti, ci aiuti a comprendere questo mistero di amore che cambia i cuori e ci faccia pienamente gustare la gioia pasquale, per poter poi comunicarla a nostra volta agli uomini e alle donne del terzo millennio»[34].

 

Vediamo che il Papa ha indicato che la Madonna «è stata intimamente associata alla Passione, Morte e Risurrezione del Figlio» e che ha subito aggiunto che «ai piedi della Croce è diventata Madre di tutti i credenti». Questo testo, però, non fa la connessione fra la sofferenza di Maria in unione con Gesù e la sua Maternità spirituale, non parla della causa e dell’effetto, ma appena una decina di giorni dopo, il primo maggio al Santuario della Madonna del Divino Amore, il Papa ha parlato così:

«Siamo entrati anche noi, con Maria e Giuseppe, nel Tempio per offrire a Dio il Bambino e compiere il rito della Purificazione: e qui ci siamo sentiti anticipare, nelle parole del vecchio Simeone, insieme alla salvezza la contraddizione e la croce, e quella spada che, sotto la Croce del Figlio, trafiggerà l’anima della Madre e proprio così la renderà non soltanto Madre di Dio ma anche nostra comune Madre»[35].

 

Lo stesso anno, il 29 novembre 2006, il Papa ha pronunciato queste parole nella sua omelia presso il Santuario di Meryem Ana Evi in Turchia:

«Abbiamo ascoltato il brano del Vangelo di Giovanni che invita a contem­plare il momento della Redenzione, quando Maria, unita al Figlio nell’offerta del Sacrificio, estese la sua Maternità a tutti gli uomini e, in particolare, ai discepoli di Gesù. Testimone privilegiato di tale evento è lo stesso autore del quarto Vangelo, Giovanni, unico degli Apostoli a restare sul Golgota insieme alla Madre di Gesù e alle altre donne. La Maternità di Maria, iniziata col fiat di Nazareth, si compie sotto la Croce. Se è vero – come osserva sant’Anselmo – che “dal mo­mento del fiat Maria cominciò a portarci tutti nel suo seno”, la voca­zione e missione materna della Vergine nei confronti dei credenti in Cristo iniziò effettivamente quando Gesù le disse: “Donna, ecco il tuo figlio!” (Gv 19,26). Vedendo dall’alto della Croce la Madre e lì accanto il discepolo amato, il Cristo morente riconobbe la primizia della nuova Famiglia che era venuto a formare nel mondo, il germe della Chiesa e della nuova umanità. Per questo si rivolse a Maria chiamandola “donna” e non “madre”; termine che invece utilizzò affidandola al discepolo: “Ecco la tua madre!” (Gv 19,27). Il Figlio di Dio compì così la sua mis­sione: nato dalla Vergine per condividere in tutto, eccetto il peccato, la nostra condizione umana, al momento del ritorno al Padre lasciò nel mondo il sacramento dell’unità del genere umano (cf Cost. Lumen gentium, 1): la Famiglia “adunata dall’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (San Cipriano, De Orat. Dom. 23: PL 4, 536), il cui nucleo primordiale è proprio questo vincolo nuovo tra la Madre e il discepolo. In tal modo rimangono saldate in maniera indissolubile la Maternità divina e la Maternità ecclesiale»[36].

Le parole in quest’omelia non lasciano alcun dubbio sul legame fra la Corredenzione e la Maternità spirituale o come il Papa la chiama qui la “Maternità ecclesiale”.

Nella preghiera alla Madonna di Sheshan, che il Papa ha composto come supplica di tutta la Chiesa Cattolica per i figli e figlie in Cina, tro­viamo il riferimento alla spada predetta da Simeone e poi il riferimento alla Maternità spirituale, ma non esplicitamente come causa ed effetto, anche se possiamo trovare conferma nel riferimento all’omelia pronunciata al Santuario del Divino Amore l’anno precedente:

 

«Con il docile “sì” pronunciato a Nazaret tu consentisti

        all’eterno Figlio di Dio di prendere carne nel tuo seno verginale

        e di avviare così nella storia l’opera della Redenzione,

        alla quale cooperasti poi con solerte dedizione,

        accettando che la spada del dolore trafiggesse la tua anima,

        fino all’ora suprema della Croce, quando sul Calvario restasti

        ritta accanto a tuo Figlio che moriva perché l’uomo vivesse.

        Da allora tu divenisti, in maniera nuova, Madre

        di tutti coloro che accolgono nella fede il tuo Figlio Gesù

        e accettano di seguirlo prendendo la sua Croce sulle spalle»[37].

 

Forse la presentazione più profonda del legame fra la Corredenzione e la Maternità spirituale si ha nell’omelia tenuta sul sagrato del Santuario di Lourdes in Francia, il 15 settembre 2008, giorno della commemora­zione della Madonna Addolorata:

«Oggi, celebrando la memoria della Beata Vergine Addolorata, contempliamo Maria che condivide la compassione del Figlio per i peccatori. Come affermava san Bernardo, la Madre di Cristo è entrata nella Passione del Figlio mediante la sua compassione (cf Omelia per la Do­menica nell’Ottava dell’Assunzione). Ai piedi della Croce si realizza la pro­fezia di Simeone: il suo Cuore di Madre è trafitto (cf Lc 2,35) dal suppli­zio inflitto all’Innocente, nato dalla sua carne. Come Gesù ha pianto (cf Gv 11,35), così anche Maria ha certamente pianto davanti al corpo tortu­rato del Figlio. La sua riservatezza, tuttavia, ci impedisce di misurare l’abisso del suo dolore; la profondità di questa afflizione è soltanto sug­gerita dal simbolo tradizionale delle sette spade. Come per il suo Figlio Gesù, è possibile affermare che questa sofferenza ha portato anche Lei alla perfezione (cf Eb 2,10), così da renderla capace di accogliere la nuova missione spirituale che il Figlio le affida immediatamente prima di “emettere lo spirito” (cf Gv 19,30): divenire la Madre di Cristo nelle sue membra. In quest’ora, attraverso la figura del discepolo amato, Gesù presenta ciascuno dei suoi discepoli alla Madre dicendole: “Ecco tuo figlio” (cf Gv 19,26-27)»[38].

Ciò che colpisce di più è forse l’analogia fra la sofferenza che ha reso “perfetto” Gesù nella sua umanità e quella che ha reso Maria capace di accettare la sua nuova missione di Madre spirituale.

 

Finalmente troviamo questa bell’esortazione ai pellegrini per la Settimana Santa dell’8 aprile 2009:

«Cari fratelli e sorelle, disponiamoci a vivere intensamente il Triduo Santo, per essere sempre più profondamente partecipi del Mistero di Cristo. Ci accompagna in questo itinerario la Vergine Santa, che ha se­guito in silenzio il Figlio Gesù fino al Calvario, prendendo parte con grande pena al suo Sacrificio, cooperando così al mistero della Reden­zione e divenendo Madre di tutti i credenti (cf Gv 19,25-27). Insieme a Lei entreremo nel Cenacolo, resteremo ai piedi della Croce, veglieremo idealmente accanto al Cristo morto attendendo con speranza l’alba del giorno radioso della Risurrezione»[39].

Mi sembra che qui sia ovvio che non si può separare la cooperazione al mistero della Redenzione dal diventare Madre di tutti i credenti.

 

 

b.  L’accoglienza di Maria

All’inizio di questa presentazione ho già accennato ad un testo tratto dall’omelia di Benedetto XVI, in occasione del primo anniversario della morte del beato Giovanni Paolo II. Ascoltiamolo nuovamente:

«Queste parole del Signore morente erano particolarmente care a Giovanni Paolo II. Come l’Apostolo evangelista, anch’egli ha voluto prendere Maria nella sua casa: “Et ex illa hora accepit eam discipulus in sua” (Gv 19,27). L’espressione “accepit eam in sua” è singolarmente densa: indica la decisione di Giovanni di rendere Maria partecipe della propria vita così da sperimentare che, chi apre il cuore a Maria, in realtà è da Lei accolto e diventa suo. Il motto segnato nello stemma del Pontificato di papa Giovanni Paolo II, Totus tuus, riassume bene questa esperienza spirituale e mistica, in una vita orientata completamente a Cristo per mezzo di Maria: “Ad Iesum per Mariam”»[40].

 

Nella sua udienza generale del 12 agosto 2009 vediamo come Benedetto XVI abbia confermato l’insegnamento di Giovanni Paolo II sull’accoglienza di Maria:

«Andiamo adesso alla Croce. Gesù, prima di morire, vede sotto la Croce la Madre; e vede il figlio diletto e questo figlio diletto certamente è una persona, un individuo molto importante, ma è di più: è un esempio, una prefigurazione di tutti i discepoli amati, di tutte le persone chiamate dal Signore per essere “discepolo amato” e, di conseguenza, in modo particolare anche dei sacerdoti. Gesù dice a Maria: “Madre, ecco tuo figlio” (Gv 19,26). È una specie di testamento: affida sua Madre alla cura del figlio, del discepolo. Ma dice anche al discepolo: “Ecco tua madre” (Gv 19,27). Il Vangelo ci dice che da questo momento san Giovanni, il figlio prediletto, prese la madre Maria “nella propria casa”. Così è nella traduzione italiana; ma il testo greco è molto più profondo, molto più ricco. Potremmo tradurlo: prese Maria nell’intimo della sua vita, del suo essere, «eis tà ídia», nella profondità del suo essere. Prendere con sé Maria, significa introdurla nel dinamismo dell’intera propria esistenza – non è una cosa esteriore – e in tutto ciò che costituisce l’orizzonte del proprio apostolato»[41].

Con questo bel testo concludiamo questa presentazione, almeno per il momento.

 

 

  1. Conclusioni

 

  1. Vero è che Giovanni Paolo II ha avuto un lunghissimo pontificato, più di 26 anni, in cui ha potuto sviluppare il suo insegnamento mariano. Benedetto XVI ha appena completato il quinto anniversario di pontificato. Così, anche se i suoi testi citati qui sono pochi se posti accanto a quelli di Giovanni Paolo II, si deve comunque ammirare come ci sia concordia totale riguardo i punti esposti in questa presentazione. Ciò che abbiamo esposto può essere considerato magistero ordinario pontificio, secondo le indicazioni della Lumen gentium § 25.

 

  1. Dai dati che abbiamo presentato, emerge una cosa in particolare: la Maternità spirituale di Maria è un effetto della sua compassione, con-sofferenza con Gesù. Ci sono alcuni che vogliono ad ogni costo evitare discorsi sulla Corredenzione mariana e, ancor di più, la possibilità di una definizione dogmatica, in quanto sarebbe diventata politicamente scorretta. Alcuni di questi, poi, propongono una solenne dichiarazione sulla Maternità spirituale di Maria. Da questa presentazione, però, si può vedere chiaramente che le basi della Maternità spirituale sono proprio nella Corredenzione mariana e non il contrario.

 

  1. È anche ovvio, che il discorso sull’accoglienza di Maria, secondo l’esegesi di Giovanni 19,27 è un modo equivalente di parlare della consacra­zione mariana. Prendere Maria “nella propria casa” vuol dire accogliere la sua Maternità, vivere sotto la sua direzione, accettare i suoi consigli, seguire le sue orme, farsi studenti alla sua scuola – ogni cosa sotto di Lei e la sua Mediazione, affinché possiamo essere sempre più conformi al suo divin Figlio per glorificare il Padre.

[1] Cf Totus Tuus: John Paul II’s Program of Marian Consecration and Entrustment.  Libertyville, IL.: Academy of the Immaculate, Studies and Texts, No. 1, 1992 [= TT]; Pope John Paul II’s Teaching on Marian Coredemption in M. I. Miravalle, S.T.D., (ed.), Mary Coredemptrix, Mediatrix, Advocate, Theological Foundations II: Papal, Pneumatologi­cal, Ecumenical (Santa Barbara, CA: Queenship Publishing Company, 1997) 113-147; Il Mistero di Maria Corredentrice nel Magistero Pontificio in Maria Corredentrice:  Storia e Teologia I (Frigento [AV]: Casa Mariana Editrice, 1998. Bibliotheca Corredemptionis B. V. Mariae, Studi e Richerche 1, 1998) 141-220; The Mystery of Mary the Coredemptrix in the Papal Magisterium, in M. I. Miravalle, S.T.D. (ed.), Mary Co-redemptrix: Doctrinal Issues Today (Goleta, CA: Queenship Publishing Company, 2002) 25-92; Pope John Paul II’s Ordinary Magisterium on Marian Coredemption:  Consistent Teaching and More Recent Perspectives in Mary at the Foot of the Cross – II: Acts of the Second International Symposium on Marian Coredemption (New Bedford, MA: Academy of the Immaculate, 2002) 1-36; also published in Divinitas XLV «Nova Series» (2002) 153-185; Marian Coredemption and the Contemporary Papal Magisterium:  The Truth of Marian Coredemption, the Papal Magisterium and the Present Situation in Maria “Unica Cooperatrice alla Redenzione”. Atti del Simposio sul Mistero della Corredenzione Mariana, Fatima, Portogallo 3-7 Maggio 2005 (New Bedford, MA: Academy of the Immaculate, 2005) 113-169; TOTUS TUUS. Il Magistero mariano nei testi del Santo Padre a cura di Mons. A. B. Calkins (Villanova di Castenaso-Bologna: FMR-ART’E’, 2005) [=TTM] 203-245, 352-358; Mary Co-redemptrix: The Beloved Associate of Christ in M. Miravalle (ed.), Mariology: A Guide for Priests, Deacons, Seminarians, and Consecrated Persons (Goleta, CA: Seat of Wisdom Books, 2008) 349-409; Marian Consecration and Entrustment in Mariology, 725-766.

[2] Cf TT 143-152, 219-248; TTM 26-29.

[3] Insegnamenti di Benedetto XVI [= Inseg B] II/1 (2006) 401.

[4] Cf TT 113-137.

[5] Insegnamenti di Giovanni Paolo II [=Inseg GP] VI/1 (1983) 1200-1201.

[6] Inseg GP V/2 (1982) 1588, 1592; Inseg GP VII/1 (1984) 776.

[7] Inseg GP XI/4 (1988) 1634-1637.

[8] Le Encicliche Mariane, Mons. A. Tondini (a cura di), Roma 1954, Belardetti, seconda edizione 32-33.

[9] Inseg GP XVIII/1 (1995) 838.

[10] Cf J. Saward, Cradle of Redeeming Love: The Theology of the Christmas Mystery (San Francisco: Ignatius Press, 2002) 206-217.

[11] Dal Prefazio della Messa di “Maria Vergine presso la Croce del Signore”, n. 12 delle Messe della Beata Vergine Maria.

[12] Inseg GP XVIII/2 (1995) 936-937.

[13] Inseg GP XIX/1 (1996) 1391.

[14] Inseg GP XX/1 (1997) 749-751.

[15] Inseg GP XX/2 (1997) 331.

[16] Inseg GP XXI/1 (1998) 822.

[17] Inseg GP XXII/2 (1999) 162.

[18] Inseg GP XXVI/1 (2003) 327.

[19] Cf TT 152-153, 240-248; I. de la Potterie, S. J., «La parole de Jésus “Voici ta Mère” et l’accueil du Disciple (Jn. 19, 27b)», Marianum 36 (1974) 1‑39; Idem., «“Et à partir de cette heure, le Disciple l’accueillit dans son intimité” (Jn. 19,27b)», Marianum 42 (1980) 84‑125; Idem., Maria nel mistero dell’alleanza, Marietti, Genova 1988, 229-251.

[20] Inseg GP II/1 (1979) 658.

[21] Inseg GP V/1 (1982) 1370-1371.

[22] Inseg GP VI/1 (1983) 649, 653. Padre Ignazio Calabuig Adan, O.S.M., riconobbe esplicitamente l’adozione da parte del Papa dell’esegesi del de la Potterie, del Serra ed altri, in una pubblicazione dattiloscritta della Con­gregazione per il Culto Divino, che preparava la pubblicazione della Collectio Missarum Beatae Mariae Virginis. Tale appropriazione fu ugualmente rico­nosciuta dal padre de la Potterie in una conversa­zione con l’autore della presente conferenza, il 14 ottobre 1985.

[23] Inseg GP X/1 (1987) 795-796.

[24] Inseg GP XI/4 (1988) 1638.

[25] Inseg GP XXII/1 (1999) 496-498.

[26] Inseg GP XXIII/2 (2000) 459.

[27] Inseg XXVI/1 (2003) 327-328.

[28] Inseg XXVI/1 (2003) 546-547.

[29] Cf A. B. Calkins, La Presenza di Maria nella Santa Messa nel Magistero di papa Giovanni Paolo II, in Immaculata Mediatrix, vol. VI, 3 (2006) 357-376.

[30] Inseg GP V/2 (1982) 1582-1583.

[31] Inseg GP XXIII/2 (2000) 593.

[32] Cf Mary, Mediatrix of All Graces, in the Papal Magisterium of Pope John Paul II in Mary at the Foot of the Cross – VII:  Coredemptrix, Therefore Mediatrix of All Graces.  Acts of the Seventh International Symposium on Marian Coredemption (New Bedford, MA:  Academy of the Immaculate, 2008) 17-63.

[33] Inseg B II/1 (2006) 360.

[34] Inseg B II/1 (2006) 474.

[35] Inseg B II/1 (2006) 528.

[36] Inseg B II/2 (2006) 711-712.

[37] L’Osservatore Romano [= OR], 17 maggio 2008, p. 8.

[38] Inseg B IV/2 (2008) 333-334.

[39] Inseg B V/1 (2009) 573.

[40] Inseg B II/1 (2006) 401.

[41] OR 13 agosto 2009, p. 1.

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